L’articolo 1 della Costituzione del 2010 afferma che il Madagascar è uno Stato laico e prevede la libertà di religione : il panorama religioso è caratterizzato dalla tolleranza.
Metà della popolazione segue la tradizione animista onorando gli antenati della famiglia e la restante metà, salvo una piccola percentuale di musulmani e altre religioni, è cristiana protestante e cristiana cattolica. I malagasy cristiani sono molto osservanti e partecipano con devozione ai riti religiosi, domenicali e non.
I musulmani sono circa il 3% della popolazione ed è stato invece segnalato il crescente coinvolgimento della Turchia nell’arrivo su larga scala di musulmani stranieri in Madagascar e alcuni rapporti indicano un aumento del numero di sostenitori dell’Islam wahhabita nel Paese. A chi accetta di convertirsi all’Islam sono offerti, da parte di musulmani con disponibilità finanziarie, incentivi quali assistenza finanziaria e istruzione gratuita (comprese le lezioni del Corano e gli studi universitari). Si ritiene che il Pakistan, la Turchia e l’Arabia Saudita abbiano un ruolo significativo nella diffusione dell’Islam.
Il 20 settembre 2016, 10 imam pakistani sono stati espulsi per violazioni dei termini dei loro visti.
Nella cultura Malagasy gli antenati, i primogeniti, e la “Fihavanana” (intraducibile, ma che possiamo interpretare come un’amicizia profonda che coinvolge gli animi) hanno un ruolo molto importante e rientra nel loro costume lo scusarsi a lungo, prima di entrare nel vivo di un discorso o di una discussione.
La musica tradizionale è l’”Hira Gasy” (canto o balletto Malagasy) che si avvicina a quella di una nostra operetta.
Il rispetto dei “Razana” (antenati) spinge a realizzare delle autentiche artistiche opere funerarie ed a praticare la “Famadihana” che è una specie di riesumazione seguita da una festa a cui si fa partecipare il defunto, ricomponendolo per poi riporlo nella tomba.
I Malagasy sono gente pacifica e tollerante, tuttavia sono molto legati ai loro usi e costumi, tra cui il rispetto per le persone anziane e quello massimo per i luoghi “Fady” (sacri).
Così, prima di fotografare o riprendere con telecamera una persona o un gruppo è buona norma domandare loro il permesso.
Nei piccoli villaggi la vostra presenza è spesso considerata un evento, suscitando curiosità e timore.
Al fine di non urtare la suscettibilità e per non violare i costumi della sottile gerarchia Malagasy, prima di tutto, chiedete di salutare il capo del villaggio.
Inoltre, prima di visitare un posto, informarsi sempre se quel luogo è o non è fady (sacro); questi luoghi sono sempre ben localizzati (come una sorgente, come una tomba, etc.) e non bisogna oltrepassare il limite del luogo sacro e non puntare il proprio dito su di esso.
I Malagasy sono molto cortesi per loro natura, rispettosi ed addirittura ossequiosi. In generale, i comportamenti di educazione sono simili a quelli nostri e non c’è nessuna particolare regola da rispettare.
Ringraziate sempre e salutate sistematicamente, se possibile nella loro lingua, il buon galateo ha una grande importanza nelle relazioni sociali.
La stretta di mano è d’uso corrente, ma è intrisa di una certa solennità, per lo più un cenno del capo ed un sorriso franco, di cui i malgasci non sono avari, sono sufficienti ed apprezzati.
Il rispetto e l’obbedienza agli anziani o di un rango più elevato sono la base di tutte le relazioni umane, in Madagascar.
Per un Malagasy, voi, straniero ed ospite di riguardo, sarete la persona a cui deve rispetto; e questo impone la reciprocità da parte vostra.
la lingua malagasy, specchio della cultura di questa isola
La lingua Malagasy è la più occidentale delle lingue austronesiane ed è la lingua nazionale del Madagascar. E’ nata dall’ufficializzazione della lingua merina, parlata dal popolo omonimo e ne esistono anche alcuni dialetti.
Il vocabolario tradizionale Malagasy è al 90% sovrapposto con quello della lingua Maanyan, parlata nella zona del fiume Barito nel sud del Borneo.
Questo legame linguistico è uno degli elementi su cui si basa la teoria predominante circa la colonizzazione del Madagascar, che sarebbe avvenuta fra 1000 e 2000 anni fa da parte di popolazioni del Borneo, in seguito mischiatesi ad africani, asiatici e arabi.
Il Malagasy presenta altre influenze soprattutto dalle lingue bantu e dall’arabo, con qualche vocabolo di radice comune col sanscrito.
Non c’è dubbio alcuno che il visitatore che arriva in Madagascar per la prima volta è colpito dalla musicalità della lingua Malagasy.
I discorsi Malagasy i sono quasi sempre tutti espressi in parabole e proverbi.
Così nessuno vi dirà, ad esempio, che voi agite a vostro rischio e pericolo, ma per farvi capire il concetto vi si racconterà la storia del mitico personaggio di Rakamisy che ha desiderato sposare una donna dell’altipiano, sottintendendo quanti oneri e responsabilità gravano su di un impegno del genere.
Di fatto, importanti discorsi di eloquenti oratori possono consistere unicamente in una serie di proverbi più o meno umoristici, e all’apparenza sconclusionati, che fanno la felicità di chi li ascolta perché mirati a disorientarli o a essere presentati come indovinelli.
Durante la festa di un matrimonio, l’oratore parlando a nome della famiglia dello sposo ha impiegato tre minuti per domandare se poteva cominciare a parlare, cinque minuti per salutare la famiglia lì riunita al gran completo e quattro minuti per scusarsi di aver preso la parola.
Di seguito, l’oratore della famiglia della sposa non poteva fare di meno, così che ha potuto entrare nel vivo del discorso nella prima mezz’ora: presentando la sposa, i suoi ascendenti della seconda generazione e le sue origini, così del desiderio di sposare il suo fidanzato enumerando, pure per quest’ultimo, in dettaglio tutti gli ascendenti e le origini.
In Madagascar mai offendere il proprio interlocutore, anche se è un avversario di partito.
Nel caso dei saluti, normalmente, nulla di più semplice che dire buongiorno o buonasera, salvo che in Madagascar: bisogna sapere a quale classe sociale appartiene la persona che si saluta e in che tipo di occasione si rivolge il saluto.
La formula dei saluti cambia in base all’ occasione e a chi sono rivolti.
Colui a cui è rivolto il saluto può offendersi se ci si sbaglia nel formulare il saluto e potrà perdonare solo gli stranieri che notoriamente ignorano gli usi ed i costumi.
letteratura, pittura, musica e danza malgascia
Tuttavia la cultura non si limita solo al parlare e quella del Madagascar non è solamente orale.
La letteratura ha un posto primario con degli autori rinomati quali Rabearivelo, Rabemananjara, Ramanantoanina o Georges Andriamanantena, per citarne alcuni tra quelli più conosciuti dal grande pubblico.
È vero che lo studio delle loro opere deve essere fatto con una approfondita conoscenza della lingua Malagasy e delle sue sottigliezze perché la loro lingua madre traspare anche in quelle loro opere in francese.
La comprensione e l’accesso alle opere è più semplice e facile quando si tratta di pittura dove chiunque può riconoscere forme e colori anche quando il quadro si avvicina di più a quelli di Miro o di Matisse che a quelli di Vinci o di Breughel.
I pittori Malagasy si evolvono, in effetti, quasi al ritmo di quelli stranieri e non si limitano più all’arte figurativa che gli era abituale, ma si lanciano in una libera ricerca di espressione non asservita ai tradizionali canoni.
La musica Malagasy è ancora più dinamica della pittura perché si feconda, assimila le musiche del mondo intero grazie alla facilità di comunicazione internazionale e grazie alle nuove tecnologie di informazione.
In questa rapida scorsa della cultura Malagasy è doveroso ricordare la musica tradizionale dei musicanti ambulanti chiamata “Mpihira gasy”.
Una parte della musica Malagasy abbastanza vicina all’operetta occidentale per il suo insieme di arie coinvolgenti e di recitazione, attira la gente per i suoi temi moralistici e in oggi conosce una sua rinascita perché si dice che anche a livello governativo ne siano apprezzate le caratteristiche con conseguente supporto.
Questa arte così eclettica si rifà alla retorica, alla poesia ed alla danza non esitando ad un’opera moralizzatrice ed inserendo nelle sue composizioni canti religiosi.
Mentre la danza tradizionale Malagasy si avvicina a quella delle genti di Bali, sia per i movimenti delle spalle e delle mani come delle gambe, alcuni giovani artisti si sono lanciati nell’eseguire delle coreografie moderne attirando l’attenzione di affermati coreografi dell’Europa e dell’America.
Il Cinema, la settima arte, è quella che ha avuto un avvio folgorante dovuto soprattutto alla realizzazione in digitale, meno costosa in Madagascar, di quella classica su pellicola.
Al Festival di Durban, i cortometraggi presentati dal Madagascar hanno fortemente impressionato il pubblico e diversi produttori del posto si sono lanciati in questo settore, con un certo successo visto l’afflusso del pubblico alle proiezioni.
Questo successo è dimostrato anche dalle innumerevoli copie pirata su DVD nonostante gli avvertimenti contro questo tipo di pirateria.
usi e costumi particolari in Madagascar
In materia di cultura, un aspetto molto interessante è quello delle insolite usanze della popolazione, come il caso del ritorno dei morti (in Malagasy Famadihana), del rito della circoncisione, del tipico matrimonio e della particolare sepoltura.
Questi eventi segnano la vita terrena della gente del Madagascar a prescindere dalla religione e dall’ideologia di appartenenza.
il ritorno dei morti (Famadihana)
Durante questa usanza dalle radici profonde, se il defunto è cattolico come i suoi discendenti, viene celebrata anche la Santa Messa.
Questo rito è una forma di culto e di rispetto nei confronti degli antenati e numerosi Malagasy approfittano di questo evento per chiedere ai loro defunti una benedizione o una intercessione.
Si può evidenziare in questo rito un seguito logico a quei forti legami familiari che sono esistiti tra i vivi.
In effetti come pensano tanti Bantu: “io sono perché noi siamo” tanti Malagasy non concepiscono la vita e la morte come avvenimenti estranei alla collettività.
Le famiglie si identificano in quelli che “da vivi, abitiamo la stessa casa e da morti condividiamo la stessa tomba”.
Infatti è raro trovare nei cimiteri delle tombe individuali: le tombe sono tutte delle tombe di famiglia, o tombe comunitarie famigliari, o claniche dove “i crani sono riuniti”.
Le bare non sono molto in uso in Madagascar, e per il loro eccessivo costo, sovente vengono noleggiate. I defunti sono tumulati avvolti in lenzuoli di seta grezza o di cotone che si deteriorano all’incirca nello stesso tempo del corpo del defunto. Sarà in questa epoca che si procederà all’esumazione del corpo per cambiare i lenzuoli.
Coloro che non hanno alcuna possibilità economica interrano i loro cari defunti direttamente nel terreno, o in zone rocciose nelle cavità della roccia. Per essi quasi sempre non ci sarà il rito della riesumazione perché i parenti sopravvissuti non possono permettersi l’acquisto di lenzuoli.
Al contrario, per le tombe dei più benestanti, a fianco del defunto o sulla tomba sono collocati i simboli funerari e quanto possa rappresentare l’attività del defunto di quando era in vita.
Questo rito di riesumazione dei defunti non comporta tristezza o lutto, ma è una festa, in alcuni casi caratterizzata da sacrifici di zebù, in cui si danza si suona e si festeggia con bevute e cibo.
Ci sono stati casi in cui le famiglie non hanno esitato ad affrontare costi enormi per rimpatriare le spoglie dei loro cari scomparsi o le loro ceneri.
Nel 1936 lo stato francese, conscio dell’importanza per la gente del Madagascar l’avere presso di sé le spoglie dei loro cari, rimpatriò in Madagascar le ceneri della Regina Ranavalona III, morta in esilio ad Algeri 19 anni prima, per essere tumulate in una delle sette tombe esistenti ad Antananarivo presso il Palais de la Reine.
Niente di eccezionale se si pensa che le ceneri di Napoleone Bonaparte morto a S. Elena nel 1821 furono rimpatriate in Francia solo nel 1845, 24 anni dopo la sua morte.
Ma i due esempi precedenti riguardano due sovrani-simbolo, mentre il rito malgascio si pratica ai comuni mortali defunti, il più spesso tre o quattro anni dopo la loro morte.
la circoncisione (Famorana)
Ereditato dalla tradizione semitica, o dagli arabi (si ricordi che in Madagascar sbarcarono degli arabi che lasciarono tracce della loro presenza come l’arte della fabbricazione della carta) questo rito per il bambino, qualsiasi religione professi, non è legato ad alcuna credenza particolare, ma significa la sua appartenenza al mondo dei maschi, tanto che il non essere coinciso farebbe sorgere il timore di non avere il potere di fecondare.
Durante tutto il rito, che dura ore ed ore con suoni e cortei, sventolio di bandiere e foglie di palma, la formula che viene ripetutamente pronunciata è: “tu sei un maschio, mio piccolo”.
Se in Africa la circoncisione spesso marca il passaggio dalla pubertà all’età matrimoniale, in Madagascar quasi sempre si pratica prima dell’età scolare, certamente troppo precoce per un’età matrimoniale.
Si può quasi affermare che, per alcuni, questo rito significa l’accesso alla cittadinanza della collettività perché si arriva ad interdire, ai non circoncisi, la tumulazione nella tomba degli antenati.
L’operazione chirurgica sembra essa stessa non avere grande importanza, alcune volte viene praticata in clinica su un gruppo numeroso di bambini, altre volte viene praticata con strumenti poveri quali lamette da barba in strutture prive di qualsiasi igiene.
Il senso profondo del rito si evidenzia nei costumi annessi: la data e l’ora dell’operazione, la cascata dell’acqua lustrale, che servirà per pulire la ferita, da un contenitore sostenuto da giovani robusti, un tronco di banano all’interno della casa a simboleggiare la virilità, la consumazione del prepuzio da parte del personaggio più importante, avvolto in una banana, affinché non diventi oggetto di rifiuto, il regalo di giocattoli, e i rituali di saluto.